In Asia vive il 60% della popolazione umana, di cui soltanto il 2% è costituita da cristiani; la conquista del Continente Giallo costituisce per la Santa Sede una ghiotta occasione, ma anche una spina nel fianco non indifferente.
La refrattarietà alla "lieta novella" è assai compatta in Oriente: nella sola Cina sono stati inviati centinaia di nuclei missionari, senza cavarne un ragno dal buco. Anzi, per tutta risposta, la reazione al cristianesimo in Oriente è stata quasi sempre negativa. Eppure, la chiesa persevera.

Il primo ottobre del 2000, papa Wojtyla ha colto l'occasione per impinguare il record detenuto in merito al già vasto numero di santi e beati da lui creati, innalzando agli onori dell'altare anche alcuni missionari "sacrificati" in Cina durante la loro attività apostolica, dalla metà dell'800 all'inizio del secolo scorso: il Vaticano asserisce che questi "martiri" furono uccisi per la loro fedeltà a cristo, ma i cinesi rispondono che si trattasse di traditori giustiziati per aver infranto le leggi durante la guerra dell'oppio e la rivolta dei boxers. Uno di loro, ad esempio, aveva sedotto parecchie sue seguaci; un altro, Auguste Chapdelaine (la cui morte fu per i francesi il pretesto per unirsi agli inglesi contro la Cina) aveva dato l'avvio alla seconda guerra dell'oppio e provocato l'incendio del palazzo imperiale estivo.

La provocazione è evidente: nell'occasione, il Vaticano ha affermato protervamente che queste canonizzazioni fossero volte a mostrare "rispetto per i cinesi" (sic!), laddove nel marzo proprio l'Agenzia Fides aveva puntualizzato che si trattasse di una "sfida al governo di Pechino"!
Wojtyla ebbe, inoltre, l'infelice idea di canonizzare questi "santi" proprio il giorno della nascita della Repubblica Cinese, asserendo che la "coincidenza" era stata colta nel giorno dedicato a Teresa Lisieux, patrona delle missioni; se così è, non sarebbe stato più opportuno celebrare l'evento il 3 dicembre, giorno dedicato a Francesco Saverio, anch'egli patrono (ex æquo) delle missioni? Durante la cerimonia, il papa disse anche: "Pur se fosse, chi è senza peccato? Chiediamo perdono". I cinesi hanno "visto rosso": e giustamente.

Si stia certi: fra due esagerazioni, si potrà andare sul sicuro dicendo che la Chiesa abbia torto, considerando la bimillenaria attitudine alla "verità circostanziata" dei discendenti di Pietro. Basti già considerare un articolo di una pubblicazione periodica di Pechino del tempo, a proposito di questi "missionari":

"Le chiese straniere stanno diventando sempre più perverse. Non solo saccheggiano terre e proprietà, ma interferiscono con le giurisdizioni amministrative e addirittura si auto-eleggono come autorità locali. Essi organizzano gruppi armati, finanziano teppistelli dei dintorni e opprimono il popolo. Tra i cosiddetti «cittadini cristiani» figurano i possidenti, criminali e banditi, che sotto lo scudo delle missioni straniere commettono «ogni tipo di crimine»: estorcono, sfruttano, raggirano e saccheggiano la povera gente, usurpando le loro donne e i loro averi.
Quando il popolo si ribella alla loro tirannia, i missionari usano il pretesto del «crimine religioso» per esigere grandi somme di danaro dalla gente, obbligandola a pagare. Come risultato, i popolani biasimano unanimemente la chiesa cristiana, come fonte di ogni male. Quando c'è siccità, i contadini addirittura cantano: «Non c'è pioggia: il terreno è secco. La chiesa ha bloccato i cieli!»".

Oggi parole del genere potrebbero soltanto far sorridere: eppure, la civiltà occidentale non è al corrente dei fatti. Dall'altro canto, a meno di non considerare determinati obiettivi, è assai specioso che il risentimento della Santa Sede sia indirizzato quasi esclusivamente all'Oriente, considerato ad esempio che il Vaticano non abbia mai esposto alcuna denuncia degna di nota quando s'è trattato di persecuzioni provenienti da parte di Israele: nessuna menzione all'espulsione di centomila cristiani dalla "Terrasanta" nel '48, alla distruzione di parecchie chiese nel '67, alle campagne contro missionarii e civili del 1957, nè alle continue angherie patite sino ai nostri giorni quotidianamente da cristiani e islamici in Israele.

È a dir poco incredibile che culture come quella cinese e indiana (quest'ultima straordinariamente tollerante) diventino l'icona dell'intolleranza più feroce, guarda caso quando si tratta di cristianesimo. Si sta arrivando al punto che, grazie alla continua diffusione di queste notizie, la "persecuzione" contro il cristiano sia diventata sinonimo di odio contro l'Occidente.
In ogni caso, la cosa è indubitabile: cinesi, indiani, giapponesi, arabi, non vogliono cristiani nel loro paese. Li odiano come la fame, più di qualsiasi altra religione concorrente; ci sarà pure un motivo, senza andare a scomodare complotti à la Fu Manchu.<%pagebreak()%>Cina ed India sono i paesi del mondo a più alta concentrazione di missionari cristiani; il Vaticano sembra avere una pressante necessità di stabilire la sua influenza in questi grandi serbatoi di anime e manodopera a buon mercato, così attaccati alle loro tradizioni e restii ad accogliere la Lieta Novella, con tutto quel che ne conseguirebbe.

L'India è stato, e continua ad essere, un paese altamente permissivista: dobbiamo crederlo, dato che Israele, sempre pronta a vittimizzarsi ad ogni minima occasione, ha elogiato questo paese quale unica nazione al mondo a non aver mai perseguitato gli ebrei.
Malgrado in India siano in atto grandi contrasti contro l'avanzante Islam, anche per via dei secolari e quasi "epici" problemi di frontiera col Pakistan, il cristianesimo gode di maggiori preoccupazioni per via delle sue caratteristiche intrusive e contaminanti; peraltro, in Occidente nessuno dà grande risonanza alle scaramucce (quotidiane) tra induisti e musulmani, laddove il baccano è grande quando si tratta dei cristiani.
Recentemente, poi, sono stati considerati dei provvedimenti radicali, con pene anche capitali, a carico dei responsabili di alcuni attacchi contro i missionari (v. il caso Staines); ma nemmeno queste notizie hanno alcuna risonanza, tranne, forse, per additare la barbarie della pena di morte richiesta contro gli assassini (pena che, lo ricordiamo, è tuttora contemplata nel Catechismo cattolico).

In India i casi di persecuzione di cristiani sono quasi inesistenti, salvo provocazioni. L'unico motivo per cui gli indiani hanno di che obiettare sul cristianesimo, è costituito dal proselitismo indiscriminato, al punto che ultimamente il governo è stato costretto ad emanare dei provvedimenti in merito: i missionari operano in India sotto le spoglie della carità, mentre nei fatti semplicemente comprano adepti con doni ed altri beni materiali. Oltre a ciò, nel selezionare una nazione povera come l'India, essi possono godere di copiosi finanziamenti da privati e governi, che li credono devoluti per opere di carità. Per attuare questo proposito, molto spesso i missionari sfruttavano il pretesto di fornire cure ai malati "dimenticati" da un governo arretrato ed insufficiente in quanto ancora "pagàno": è una pretesa infondata, dato che esistono già dei gruppi di soccorso locali che operano tra i poveri. Anzi, parecchi indù hanno rivelato che gli ospedali cristiani assistono solo chi paga cifre esorbitanti o si converte al cristianesimo: nulla di strano, se già consideriamo che a Mumbay esistano dei veri e proprii "ghetti all'incontrario", ove i residenti possono essere soltanto seguaci di Gesù.

Non si tratta di azioni isolate, ma di un piano concertato alla fonte. Nel 1999, Wojtyla auspicò protervamente, dinnanzi a migliaia di indiani, una "copiosa mèsse di fede in questo vasto e vitale continente", dopo aver suggerito ai suoi esecutori locali di non tener conto dei divieti contro il proselitismo e perseverare nella loro azione apostolica, perché il Sinodo aveva espresso la convinzione che "il cuore della chiesa asiatica non avrà sosta sinché l'intera Asia non troverà riposo nella pace del cristo, il Signore risorto".
E non si fermano certo al solo proselitismo: da anni è in atto un'azione separatistica finanziata dalla Southern Baptist Church per creare uno stato cristiano indipendente. Come al tempo delle guerre coloniali, l'introduzione del cristianesimo è appaiata alla rivolta armata: a partire dal 1989, il NTFL (National Liberation Front of Tripura) è stato apertamente appoggiato dalla Baptist Church, allo scopo di costituire uno stato cristiano separatista, utilizzando mezzi cha spaziano dallo stragismo alla produzione di pornografia per finanziare le spese "spicciole".

Questi dati di fatto, però, non vengono pubblicati, sicché gli occidentali sono ancora convinti che gli unici compiti umanitarii in India siano svolti da associazioni e "volontari" occidentali, che in tal modo ricevono continue ed ingenti sovvenzioni: ma l'Occidente non sospetta che, anziché provvedere i nativi di servizi sanitari e cibo, si impieghino i soldi versati dai donatori per sostenere i missionari e l'agenda di proselitismo, e solo in minima parte per comprare qualche medicina, come accadeva nel caso di Madre Teresa.
Si afferma che questi ultimi debbano ultimare la loro opera apostolica col battesimo; è necessario battezzare, poiché la sola medicina non basta. È certo che l'acqua santa del battesimo completi l'opera degli antibiotici; qualora il convertito non mostrasse segni di miglioramento dopo il magico trattamento, più sicuramente si tratterà di un evidente caso di possessione. La realtà è che i missionari abusano della natura tollerante degli indiani allo scopo di convertirli; e, anziché convivere pacificamente con le altre religioni permesse in India, fanno di tutto per escluderle. In che modo ci si può lamentare del fatto che gli orientali reagiscano male dinnanzi alla pretesa di unicità del cristianesimo e del fatto che chi non è cristiano non andrà in paradiso, se per aver dubitato di queste medesime favole parecchi occidentali stessi ne hanno fatto le spese amaramente?
Già dal tempo dei portoghesi a Goa, la classica politica xenofoba e imperialista dell'Occidente iniziava a filtrare in India sotto le spoglie dei "missionari": nel 1542, essa si palesò nelle fattezze di uno dei suoi più atroci esecutori, Francesco Xavier, oggi santificato nonostante parecchi indù morti alle spalle. "L'esperienza maturata in queste regioni" scriveva il gesuita

"mi fa pensare che non potremo perpetuare la Compagnia di Gesù tramite il proselitismo locale, e che il cristianesimo sopravviverà difficilmente a noi stessi, che siamo attualmente qui. Così, penso sia necessario che molti di noi siano continuamente inviati qui dall'Europa".

Così scriveva William O'Grady già due secoli fa:

"In tutti gli anni che sono stato in India, non ho mai visto un missionario: semplicemente perché non circolano nella società civile. E, a quanto ho sentito e potuto constatare personalmente a loro riguardo, non me ne meraviglio. La loro influenza sui nativi è devastante. I loro conversi sono generalmente dei poco di buono, delle classi più infime: né migliorano dopo la conversione.
Nessuna famiglia rispettabile accetterà mai dei cristiani, neppure come servi. Essi mentono, rubano, non si lavano (e la sporcizia non è certo un vizio degli indù), bevono, mentre nessun nativo che ha dignità si accosta a una bottiglia di liquore. Essi sono i pariah dei pariah, roba da disprezzare. I loro nuovi maestri li istruiscono a magro esempio d'inconsistenza; e, nel mentre che predicano ai pariah il fatto che Dio non fa distinzione di casta e persona, si scagliano contro i brahmani randagi [...] Spesso reclutati tra i più miserabili esempi di fanatismo, sono visti da tutti come esseri maligni: il loro rabbioso, incessante, volgare ed offensivo propagandismo ha causato il grande ammutinamento del 1857. Sono solamente dei rumorosi imbroglioni".

I media non aiutano un'opinione obiettiva: lo stupro di una suora non può essere controbilanciato da 400 donne reang violentate. Il 9 ottobre del 2000, un gruppo di energumeni denudarono un dodicenne indù e lo portarono in giro per il villaggio di Gasukia, poiché aveva rifiutato di convertirsi; non contenti di ciò, lo trascinano nella scuola locale e lo bastonano "perché non ha voluto accettare Gesù come suo salvatore"! L'evento sfociò in contrasti con la comunità indù del luogo.
La predilezione per i dodicenni pare sia una specie di must. Il 9 novembre di quell'anno la polizia trasse in arresto David Berry, incriminato per sodomia con almeno undici minorenni, tutti adescati nel templio di Puri (Orissa), con la complicità dell'insegnante Bijoy Behera, da poco convertitosi al cristianesimo, inizialmente i due sono stati rilasciati, ma la polizia ha dovuto metterli sotto fermo permanente per via della folla che ne richiedeva l'arresto. Il bambino che ha denunziato i due ha rivelato d'essere stato tenuto prigioniero per ore, ed ha fatto i nomi degli altri compagni di scuola brutalizzati.
Il 4 dicembre dello stesso anno, alcuni cristiani smantellano delle edicole sacre e violentano due devote indù, attaccando due uomini sopraggiunti per adorare l'icona.
I missionari che sono dietro queste operazioni la passano quasi sempre liscia per anni: come accadde tempo prima al reverendo Joseph Cooper, che fu espulso dopo undici anni d'attività "missionaria", colto in fraglante nello stupro di una dodicenne indù. Stesso dicasi per il suo collega Sam Benson, coadiuvato dalla moglie nelle violenze.<%pagebreak()%>Quanto alla Cina, il discorso è più complesso. I cinesi si sono ritagliati un piccolo spazio di mondo, che implica un grande mercato, che i cristiani vorrebbero ridurre in loro controllo una volta per tutte, dato che nella memoria degli epigoni di Pietro brucia ancora il fatto che, tempo fa, fallirono una ghiotta occasione per far diventare il cristianesimo religione ufficiale del Celeste Impero.
Sin da prima di Marco Polo, la Cina non aveva mai goduto un'ottima reputazione in Occidente, ma a torto. Così scriveva Herbert Giles nel lontano 1875, all'apertura de Chinese Sketches:

"Sembra sia generalmente diffusa l'opinione che vede la razza cinese immorale e degradata; che i cinesi siano disonesti, crudeli e depravati; che l'oppio, flagello più terribile del gin, stia mietendo tante vittime tra di loro; e che soltanto la conversione forzata al cristianesimo potrà salvare l'Impero da una veloce rovina. Un'esperienza di otto anni mi ha insegnato che, con tutti i loro vizi, i cinesi siano gente laboriosa, sobria, felice, che occupa un punto di mezzo tra la ricchezza e la cultura, nonché i vizi e la miseria dell'Occidente".

La refrattarietà cinese al cristianesimo è storia lunga e radicata, tanto quanto la diffamazione occidentale ed i tentativi di conquista da parte della Chiesa.
Più dell'India, la Cina è rimasta isolata del resto del mondo per quasi un millennio e mezzo; questo isolamento non è da ascriversi a una sorta di rifiuto al contatto con altre culture. I cinesi non hanno mai avuto bisogno di chiesa istituzionalizzata, men che mai d'ideologia straniera: e anche in questo caso come per l'India, l'ingerenza di avamposti preoccupa l'identità nazionale. I fattori geografici sono determinanti. Con l'arrivo degli europei, compresi alcuni missionari che ben si comportarono e furono ripagati con gratitudine, questo divario si attenuò.
Tralasciando le leggende su Tommaso e Bartolomeo, dopo i prodromi nestoriani il cristianesimo fece la sua comparsa dietro il saio dei francescani, nel XIII secolo: la presenza dei seguaci di Nestorio, e susseguenti incongruenze ideologiche, spinse i cinesi a considerare che una religione spaccata tra varie opinioni fosse essenzialmente una farsa nella farsa.
Nel XVII secolo, i missionari gesuiti di Matteo Ricci furono accolti molto bene a Pechino; ma quando alcuni di loro, seguendo il metodo dell'inculturazione, divennero talmente tolleranti nell'incorporare costumi cinesi nelle loro liturgie, portando così a controversie teologiche, ricevettero una bella lavata di testa dalla Santa Sede, attirandosi altri sospetti da parte dei cinesi. Così ancora Giles:

"Qualsiasi rispettabile cinese vi dirà che soltanto ladri e gente di cattivo carattere, sperano nel battesimo, come scusa per procurarsi lunghe notti di vizio ed indolenza [...]
Sarebbe, comunque, assai insidioso contare sui nativi che si lasciano battezzare, e pretendono d'accettare dogmi che sono incapaci di capire... o quantomeno, sarebbe insidioso considerare di che pasta siano fatti quei gentiluomini sguinzagliati alla loro conversione: ci limiteremo solamente a considerare quali effetti pratici potrebbe conferire il cristianesimo ai cinesi...".

L'avvento del maoismo, con tutta l'eredità pre e post-bellica, fu un evento quasi obbligatorio; la risposta all'accentramento elitario si estrinsecò in una forma di "nazionalismo" che chiuse la Cina ancora una volta, con conseguenze immaginabili. Intanto, il capitalismo si faceva una realtà sempre più evidente.
Con la fine del comunismo maoista, il capitalismo bussa alla porta dietro la maschera della mentalità occidentale, approfittando della scopertura di religioni istituzionalizzate nel paese. In questo senso, la rigida chiusura della Cina a qualsiasi forma di dissenso e destabilizzazione dell'equilibrio, sia dall'interno che dall'esterno, non è gradita; da cui la censura ed il rigore dell'applicazione delle leggi fino ad estrremi che potremmo definire marziali. Ma queste sono caratteristiche proprie ad un popolo pratico e che non tollera la corruzione, non certo quelli che tanto facilmente sono additati quali effetti di una mentalità "atea". Vediamo cosa dice il documento dell'Ufficio dell'Informazione Cinese del 1997:

"Dopo la guerra dell'oppio del 1840, la Cina è decaduta allo stato di nazione semi-feudale e semi-coloniale. Nel corso di questo processo, i protestanti ed i cattolici sono stati usati dall'imperialismo come strumento d'aggressione del paese, ed un gran numero di missionari giocarono una parte ingloriosa in questo scopo.
Parteciparono al traffico d'oppio e nel complotto che l'Inghilterra scatenò contro la Cina; nel 1800, i missionari Robert Morrison e Karl Friedrich August Gutz, che lavoravano entrambi per la East India Company, participarono nel contrabbando. Altri propugnarono il ricorso alla forza per far sì che il governo Qing aprisse i porti, dicendo che quello fosse l'unico modo affinché il cristianesimo potesse entrare in Cina, e parteciparono direttamente alle attività britanniche per invadere il paese.
Parteciparono, inoltre, alla guerra lanciata da forze alleate nel XX secolo; un gran numero di missionari, che fungevano da guide, interpreti ed informatori, presero parte alla strage di civili cinesi, ed alla razzia di danaro e proprietà. Come dice il famoso scrittore americano Mark Twain, alcuni di loro imposero ai contadini cinesi una tassa tredici volte superiore a quelle normali, di modo che avessero usato quel danaro per propagare il Vangelo, facendo morire di fame le loro mogli e i loro figli.
Essi, poi, parteciparono alla stesura di trattati iniqui [...] in base ai quali i cattolici e i protestanti poterono incamerare terreni per costruire le loro chiese nei porti commerciali, godendo della protezione e dei benefici degli ufficiali locali. Goderono, quindi, dell'immunità extraterritoriale, e non erano governati dalle leggi cinesi [...] e grazie a ciò poterono costruire impunemente ovunque volevano. Occuparono terre, opprimendo gli ufficiali e i civili cinesi [...]
Essi incrudirono il controllo delle potenze occidentali sulla Cina col pretesto di casi religiosi, ossia, conflitti e dispute tra cinesi e occidentali che incorrevano nell'indignazione di primi, per le loro malefatte e, per giunta, per la protezione tramite trattati ingiusti. Dal 1840 al 1900, si sono registrati oltre 400 casi del genere, a cui pretesto gli occidentali imposero sul governo cinese una pressione militare e politica aggravata, avanzando pretese spropositate, obbligando il governo a pagarne le indennità e giustiziando gente innocente. Inoltre, essi condussero guerre aggressive su tali basi: nel solo caso di Tianjin, gli occidentali costrinsero il governo Qing a giustiziare venti persone ed esiliarne venticinque.
Essi ostacolarono la lotta contro il fascismo e la rivoluzione popolare; dopo l'invasione della Korea da parte del Giappone, il Vaticano tacque, ma parlò e addirittura inviò un nunzio allorquando si trattò di riconoscere il regno-fantoccio del regime Manchu, istituito dai giapponesi. Dopo la vittoria contro il Giappone, i missionari stressarono le ostilità contro la rivoluzione fra i loro convertiti, e organizzarono bande armate per il Kuomintang. Essi adottarono atteggiamento ostile contro la Cina, e complottarono il sabotaggio; dopo la fondazione della Nuova Cina, nel 1949 il Vaticano rilasciò delle encicliche che istigavano odio tra i conversi, nei confronti del nuovo potere popolare".

Il problema assume piuttosto connotazioni politiche: tramite il cristianesimo entra l'Occidente, e con questo non solo una mentalità completamente diversa da quella cinese, ma anche fattori che potrebbero replicare le problematiche di sfruttamento già sofferte dalla Cina durante il periodo coloniale. L'obiettivo è il cristiano, l'attivista, il missionario, il prete, non l'uomo qualunque che non fa propaganda al suo culto, migliore fra tutti, e che funge da solco per la penetrazione di molte altre cose; i cinesi non si capacitano di tanta caparbietà, e sentono ancora echeggiare lo stolido e testardo grido di Valignani, "o roccia, quando ti aprirai al mio Signore?".
Potrebbero tollerarli qualora smettessero di fare proselitismo nella pretesa di diffondere il verbo della salvezza, e non hanno certo torto, allorquando certi propagandisti occidentali pretendono oltremodo di "spiritualizzare" una nazione "atea", ossia pratica!<%pagebreak()%>Qualora dimenticassimo i processi storici e la mentalità locale di un popolo, saremo sempre portati a sentirci "civilizzatori" autorizzati a qualsiasi mezzo per esportare la mentalità della "maggioranza del mondo", lamentandoci quando nel nostro territorio qualcuno desidererà praticare la propria religione, mentre nessuno deve fiatare quando si tratta di complottare addirittura in terra straniera.
Se si grida alla negazione dei diritti di culto in patria altrui, non si deve dimenticare che pure in Italia, durante il Ventennio, siano stati registrati copiosi casi di persecuzione ai danni di altre religioni, con il pretesto di corruzione della morale e perversione della società cattolica; tali imperativi sono stati portati a termine con l'ausilio delle forze dell'ordine, tanto quanto accade a tutt'oggi nei paesi orientali.
Non dobbiamo dimenticare nemmeno l'attaccamento alla "identità nazionale", così ben rivendicato quando si tratta d'opinioni altrui espresse sul cristianesimo e i suoi simboli, per poi vietare agli stranieri di praticare le loro credenze o d'indossare i loro costumi tradizionali nel nostro paese, perché "offendono la sensibilità dei bambini".
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