|
|
|
|
|
Occorre promuovere il cristo con o senza ipocrisie. .. Paolo di Tarso |
|
|
Una delle cose più notabili di qualsiasi credo religioso, sono i suoi difensori: gli apologeti. Si tratta di individui (laici o meno) che sentono il diritto / dovere di difendere posizioni evidentemente incapaci di farlo da sé. Costoro difendono, infatti, l'essere onnipotente per antonomasia dalle macchinazioni di coloro i quali — sicuramente per istigazione del Maligno — attaccano la Verità.
In genere, possiamo demarcare due categorie di difensori di Dio. Quella più importante — ed anche la meno nutrita — include gli apologeti di dottrina (prelati e teologi professionisti, "opinionisti", front-men), che fanno sfoggio di citazioni e "cultura enciclopedica", credendo che ciò possa bastare alla genuinità di quanto difendono: questi, però, sono anche coloro i quali risultano più propensi a dubitare e ad ammettere che qualcosa non va nella loro dottrina e nelle loro convinzioni, qualora messi dinnanzi ad argomentazioni logiche e lineari. La loro linea di pensiero si può riassumere così: "Potrà pur essere irragionevole credere in Dio, ma fin quando non avremo di meglio, ci crederemo; ad ogni modo, ti faremo credere comunque che pure tu hai ragione".
L'altra categoria è molto più vasta, e può includere tra le sue fila chiunque desideri, per un motivo o un altro, farsi difensore di Dio pur non avendo attestati di studio "idonei", né la qualifica del personaggio d'opinione: a renderli automaticamente "autorevoli" ed autorizzati a pronunziarsi, basta già l'ergersi a pro del Bene.
Il pivot del loro "pensiero" si può condensare così: "Perché volete distruggere (!) Dio? Come fate a non capire che è ragionevole (!) credere in Dio, che è il Bene e ci fa sentire bene?".
Più soffrono, più si dibattono, più vogliono continuare: il loro credo è basato sul vittimismo. Sanno che la fortuna dovrà arridere a chi meno sà, a chi si mostra "innocente come un bambino". Di norma è pressoché impossibile ragionare con costoro, tantomeno convincerli del fatto che sbagliano: crederanno che ti sarai arreso alla "ragionevolezza" dei loro "argomenti", e che la loro ignoranza — così come diceva Paolo — è più sapienza del sapere di chi nega Dio.<%pagebreak()%>Chiunque volesse capire in che modo il cristianesimo tenta di perdurare nei secoli, deve essere a parte degli strumenti con cui esso viene propagandato.
Dopochè il diritto di vita e di morte esercitato sui suoi sudditi è stato destituito grazie all'avvento della Società di Diritto, la Chiesa ha dovuto privilegiare dei mezzi molto meno efficaci per mantenersi a galla e rintuzzare le critiche.
L'Apologetica (l'"arte di difendere Dio") parte dal presupposto che l'onnipotente ed invisibile Creatore abbia qualcosa di più importante da fare, piuttosto che curarsi delle "insignificanti offese" rivoltegli costantemente da alcune minoranze umane; per cui, certi altri uomini (che evidentemente non sono nullità, rispetto agli altri) sentono la necessità di salvaguardare il buon nome del Creatore, ingegnandosi a difendere la teologia, la "sua legge" e la stessa istituzione che avrebbe ricevuto da Dio in persona il compito di tutelarle, farle applicare e perpetuarle.
In genere, queste tecniche dialettiche sono state inventate quasi tutte dai grandi oratori attici e dai sofisti: loro principale caratteristica è che si tratta di proposizioni dotate di un senso logico soltanto apparente, carenza supplita tramite il tono della voce, l'auto-convinzione e la mimica.
Fallacie logiche
Iniziando con le fallacie e gli artifici a carattere "logico", la prima mozione argomentativa non può che essere l'ammonizione, di cui la cosiddetta admonitio ad baculum ("ammonizione della bastonatura") è l'espressione più frequente e diretta. Essa appartiene alla categoria dialettica che fa leva sulle emozioni e sui timori:
"Conviene che vi conformiate al volere di dio, poiché, in caso contrario, non si sa cosa potrebbe accadervi".
A questa espressione, spesso camuffata sotto vari artifici e periodi più complessi e sottili, fa seguito l'accusa ad hominem (sovente appaiata alla "colpevolezza per associazione"), ossia quando l'argomento da "confutare" è talmente inattaccabile, che conviene far leva su ben noti espedienti di riflesso (ad es., la "morale") per attaccare, invece, il pensatore:
"Non credo (o "non crediamo") che la teoria darwinista possa essere valida e scevra da preconcetti, di là della sua fondamentale teoricità: in fondo, Darwin era un ateo".
Se poi, nel caso specifico, puntualizziamo che Darwin non fosse affatto ateo, bensì un deista o un agnostico, l'apologista utilizza la tecnica opposta, ossia "l'inversione per assurdo", spesso accoppiata all'invettiva "tu quoque" (nella quale si accusa l'interlocutore d'aver propugnato, ipoteticamente o meno, proprio quel che adesso sta negando):
"In che modo potete, voi atei, rifarvi al pensiero di un individuo che, in fondo, ateo non fu? Non vedete che, in tal modo, seguite idee probabilmente (n. b.) travisate, e magari inficiate da errori di fondo, qualora non si trattasse di rendere omaggio a chi, in fondo, credeva in dio?".
Possiamo ritrovare una variante di questa funzione nella cosiddetta "confessione di pietà", o "professione d'umiltà":
"Gli atei non dubitano che dio non esiste: solo gli sciocchi non hanno dubbi".
Tale variante si radica su una mozione naturale, ossia la ricerca infinita, che si accoppia con la continuazione di specie: per cui, si fa temere all'uomo che, una volta finiti i "dubbi", egli non avrà alcuno scopo di vita. Chiaramente, l'uditorio non andrà a ragionare semmai pure chi non dubita che dio esiste sia uno sciocco!
Questa tecnica si accompagna molto spesso al "ricorso all'autorità", che rientra a più buon diritto nelle fallacie psicologiche (per le quali vedremo più ampiamente poco più avanti):
"Pure Voltaire ha detto che chi non dubita è uno sciocco!".
"Einstein era un credente: volete forse dire di saperne più del padre della Relatività?".
Nel caso specifico, Voltaire era un deista (avverso agli atei), mentre Einstein non era certo un credente che poneva fede in un dio istituzionalizzato.
Una variante di questo metodo allude all'autorità come elemento auto-convalidante, come nel caso di coloro i quali si rifanno ai "testi sacri":
"Come potete dubitare del fatto che il Sole ruoti attorno alla Terra? La Bibbia, parola immutabile e perfetta di Dio, dice così!"
L'estrapolazione dal contesto — e la sua variante più discreta, la "pericope" — è un altro dei metodi "dialettici" più usati dall'apologetica di basso livello. Sovente accoppiata alla "petizione di principio", che di norma può trascendere nella fallacia "non sequitur" (anche detta "giustificazione non pertinente") ed altri esempi di ragionamento circolare, tale fallacia sta alla base della cosiddetta "dimostrazione teleologica", di cui il seguente esempio fornisce una variante:
"Sappiamo che dio esiste perché possiamo vedere l'ordine perfetto della sua creazione, che dimostra l'intelligenza sovrannaturale del suo progettista".
Come ben visibile, la premessa dà per scontato che esista un "creatore" dell'universo, ovvero che Dio esista, laddove l'apologeta dovrebbe per primacosa fornire prove a sostegno, e vidimare da dove abbia ricavato che debba per forza esistere una causa.
Questa fu una metodologia molto sfruttata da Tommaso d'Aquino, il fondatore della "filosofia" cristiana (vedi la sua famosa frase, "sembra che l'esistenza di dio sia auto-evidente", o "sembra che l'esistenza di dio sia innata"). Un riflesso di questa ed altre argomentazioni inficiate da impasse consequenziali, è la confessio ad ignorantiam, il cui fine è quello di allentare il certame e porlo su binari di apparente status quo e permissivismo:
"Che dio esista o meno, siete liberi di pensare il contrario: noi, invece, siamo più contenti a vivere in dio e con dio. Anche questa è libertà (sottinteso: "garantita da Dio"), no?".
Noi rispondiamo "no": nella fregola di questo tentativo di "accontentare" il cosiddetto "satana" (ossia colui il quale attacca i "Giusti"), non ci si accorge momentaneamente che in tal modo si fa vedere "dio" per quel che esso fondamentalmente è, ovvero un "equalizzatore" sociale.<%pagebreak()%>Fallacie psicologiche
Tra le fallacie psicologiche, ossia quelle che fanno leva sull'emotività e sul sentimento, la più sfruttata è l'appello anacenotico (o captatio benevolentiae), cioè una proposizione rivolta ad accattivarsi il consenso del pubblico; è un argomento grossolano ma complesso, poiché può integrare appello all'autorità, accusa ad hominem, domanda tendenziosa, falsa umiltà, elogio ipponatteo, ricorso alla maggioranza e quant'altro, onde screditare l'antagonista:
"Oh, che straordinaria scoperta! Mi inchino dinnanzi a così eccelse meningi! Sicuramente, avrete considerato che la gente sia tanto intelligente da non credere nelle solite fantasie che vanno controcorrente, date in pasto all'opinione pubblica dal solito ateo dichiarato...".
Una variante di questa tecnica è lo "scrutinio di validità", che fa capo alla tesi "legale" falsus in uno, falsus in omnibus: vale a dire, cercare un appiglio su un dato anche insignificante, per porlo in luce come qualcosa di erroneo od impreciso, così da poter dire che tutto il resto sia egualmente falso. Questa strategia è frequentemente utilizzata in casi estremi.
A proposito della tecnica d'inversione e paradosso, in un famosissimo passo della Lettera ai Romani paolina osserviamo l'accorpamento di quasi tutte le tecniche sofistiche più efficaci defluite dai due temi precedenti, secondo una metodologia che associa l'irridenza e l'inversione di prospettiva (fra parentesi i passaggi consequenziali inficiati; in corsivo i punti-chiave):
"(1) Se la gloria di dio è stata accresciuta dalle mie menzogne, (1a) forse per questo anch'io devo essere definito peccatore? (2) Perché mai non dovremmo fare il male (2a) affinché venga il bene, (3) come alcuni — la cui condanna è ben giusta — (3a) ci calunniano, dicendo che noi affermiamo ciò?".
Le altre fallacie psicologiche più importanti sono il ricorso alla maggioranza, al vittimismo, alla banalizzazione del problema, al circostanziamento (optabile come variante del "falsus in uno"), alla domanda tendenziosa (1), all'ingiuria (2) o allo scherno (3).
Per quanto riguarda la prima, il suo argomentare dovrebbe già essere implicito nella sua definizione (ad es., "la maggioranza crede in Dio: quindi, Dio esiste"). La seconda, invece, si può esprimere genericamente nel seguente modo:
"Non vedete in che modo, come il nostro Signore Gesù aveva preannunziato, le forze del Male ci attaccano senza sosta, come ai gloriosi tempi dei martiri?".
La terza tende a discriminare il problema secondo un modulo "ragionativo" di tipo divisorio, senza calcolare eventuali "mezze misure".
La quarta ha molto spesso il seguente schema:
"Nel passo in questione abbiamo notato che non è stato riferito alcun riferimento bibliografico, e dove c'è, è impreciso o errato: questa è serietà?".
Le ultime due, più popolari e grossolane, sono pretesti volgari per sviare e distrarre l'attenzione dal tema in esame, con l'obiettivo di respingere l'intero argomentare, e corrono genericamente nel modo seguente:
1) Ha finalmente smesso di picchiare sua moglie?
1a) Lei parteggia per gli ebrei o per i nazisti?
2) I nazisti condannarono la teoria della relatività perché Einstein era un ebreo.
3) L'arcivescovo Wilberforce, per ridicolizzare la teoria dell'evoluzione, chiese a Huxley se egli ritenesse di discendere da una scimmia da parte di suo nonno o di sua nonna.
Onde riassumere più organicamente il metodo, riportiamo un esempio completo di queste tautologie fondamentali dalle parole del "maggior teologo del VII secolo", Massimo il Confessore, grande estimatore di Paolo e provetto "filosofo" di stampo aristotelico:
"Il gran piano di dio padre, è il segreto e ignoto mistero della dispensazione che il figlio unigenito rivelò adempiendo all'incarnazione, divenendo così messaggero del piano del Padre Eterno".
Non è dato a sapersi che modo i "padri" conoscessero che ci fosse un "mistero segreto e ignoto", dato che, per l'appunto, esso era un mistero "segreto e ignoto".<%pagebreak()%>Tecniche e metodi
Il nuovo retore, di qualsiasi estrazione culturale sia, deve mettere in pratica quel che ha appreso, e può farlo tramite dei metodi altrettanto riconoscibili, imparati sin da tenera età in apposite "palestre" ed incentivati dalla furberia che deriva dal presentimento di malafede, insito in una credenza che dev'essere accettata senza porre alcun dubbio in mezzo. Ne rassegniamo alcuni, tutti tratti da esempi reali.
Un primo metodo è mettere in campo "l'intolleranza di chi non crede", e "vorrebbe inculcare le proprie convinzioni personali (sic) a chi crede" (ed evidentemente ha ragione già per il semplice fatto d'esprimere l'opinione della maggioranza!). Quindi, chi non crede "prevarica", volendo "imporre" il non-credere (!) a chi crede; che dal canto suo, però, non sente addosso alcuna imposizione nel credere nelle amenità che ha avuto inculcate sin da piccolo!
Un secondo metodo è quello che sintetizzo come "nodo gordiano": "Mi pare chiaro che chi è saldo nei princìpi evangelici, non possa affatto errare". Si tratta di una specie di proposizione chiusa, nella quale la premessa è già implicita nella conclusione, al punto da sembrare plausibile e di senso compiuto, qualora discissa dalla disamina della natura dell'oggetto cui si riferisce (v. il problema degli "errori di interpretazione").
Segue il cambio d'argomento, o dummy target (anche detto "red herring"), che viene messo in campo invariabilmente quando certi punti d'obiezione non possono essere sconfessati; la tattica segue un procedimento evasivo, tramite cambi di discorso che possono essere sia drastici che (se l'orante è accorto) apparentemente progressivi, spesso focalizzandoci su una frase di un discorso, che viene dirottato dal suo argomento tramite essa. Molto spesso è una tattica pregna di astrazioni selettive.
Segue immediatamente la strategia della domanda incalzante (spesso appaiata all'obiezione ed all'interruzione sistematica), tramite la quale ci si ripromette di mettere in imbarazzo e sfiancare l'avversario, apportandogli dati su dati, spesso — ed anzi, di norma — non pertinenti e progressivamente slegati dal nesso originario della discussione.
Questa è una vera e propria strategia, più che una tecnica d'eloquio, ma che può essere fatta figurare comunque nella lista, dato che, per la sua elasticità (o meglio, pochezza intrinseca), può includere qualsiasi tecnica "dialettica".
Come strategia "sottile", segue l'anfibolìa (cioè un doppio senso fra le due parti del discorso, di modo da camuffare un'asserzione che, senza ambiguità, avrebbe potuto risultare tale da essere intesa apertamente offensiva): "Se quei sacerdoti hanno peccato, non erano uomini di dio, ma atei della peggior specie: come lei!".
Un'altra metodologia è il processo d'inversione, con esaltazione concomitante, associata a vittimismo: "Il non-credente non tollera la chiesa, perché essa ha l'effetto di una frana rovinosa su di lui". Vale a dire, l'ateo non tollera la Chiesa perché essa, per la sua gloria abbagliante, è intollerabile — chiaramente — per l'anima "atra" di chi non crede nelle sue amenità!
Si tratta di una semplice strategia tendente all'esaltazione della chiesa, "invincibile" e sufficiente nei confronti dei miscredenti, ma che, a quanto pare, ha comunque la necessità di difendersi dai loro attacchi. Possiamo vederla all'opera, insieme a parecchi altri espedienti già rassegnati (che il lettore non faticherà a riconoscere), ad es. in questa pagina, tratta dal siticciuolo jesus-is-lord.
La tecnica più usata, che si appaia alla teoria dell'ateo "voluto da dio" (per dimostrare la sua presenza e tolleranza...), è la seguente: "Chi osteggia Dio, ci crede più di chi lo ama; se volesse, Dio potrebbe schiacciare tutti gli atei di questo mondo con un solo soffio, ma è una grazia che costoro non meritano". Un corollario è il seguente: "Sicuramente è così, perché non si mobilitano tante persone né si compierebbero tanti sforzi, qualora Dio non esistesse". Sono frasi che non necessitano alcun commento, se non per porre un accento sulla disperazione che tentano di celare dietro un sottile velo di sicumera claudicante.
Questi capisaldi discorsivi possono essere enunziati con vari stati d'animo (anch'essi minuziosamente impartiti: v. ad es. Liguori): più frequentemente, come esordio si parte con l'approccio "amichevole", lo scherzo, la familiarizzazione, la solennità; nella trattazione e nella chiusura vengono usati l'irridenza, l'allusione, la sufficienza, l'appello al sentimento, l'ammonizione, l'insistenza.
Chiaramente, a seconda del temperamento dell'orante, si può pre-impostare l'esordio ed il discorso in vari modi; di norma, gli atteggiamenti d'impostazione più comuni prevedono esordio pacato, domanda tendenziosa/incalzante, attesa, esposizione, ribaltamento della posizione (da pacato a irridente-soverchiante).
Questo per quanto riguarda le strategie più popolari; ma quelle che potrebbero essere escogitate sono infinitesime, poiché la mente di chi è in malafede è sempre in frenetica attività, per poter cadere sempre in piedi. I credenti attuano con prontezza mnemonica queste tattiche, principalmente per il semplice motivo che traggono sicurezza dal fatto d'esprimere "l'opinione dei Più", per difendere del "bene". La maliziosa infantilità delle idee cui aderiscono, contribuiscono a sgombrar il loro cervello dal dubbio ed al contempo a renderlo "ingegnoso" nelle trovate utili per tappare apparentemente le falle logiche del loro credo. La palestra d'inganno malizioso e l'imbevimento mentale nell'ideologia in cui credono, è ben speculabile in questo tipo di costruzioni.
In psichiatria, tutti questi tipi di "ragionamento" sono catalogati in quella specie di distorsioni cognitive note come astrazioni selettive, spesso associate alle fabulazioni, agli eccessi di generalizzazione e alle inferenze arbitrarie (che costituiscono la regola); qualora messi in relazione al proposito per cui vengono messi in opera, essi rivelano il vero sottofondo di malafede congenita, tipica di chi presentisce che quanto difeso sia lungi dall'essere veritiero, o perlomeno inficiato da errori prospettici e gnoseologici estremamente gravi. Ma il fine giustifica i mezzi, poiché occorre diffondere il cristo con o senza ipocrisie. |
|
Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione senza previo accordo con l'Autore è proibita. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|